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«Si custodiscono - rilegati in pergamena ma ancora in disordine e in pericolo di rapido deterioramento - importanti collezioni di documenti e manoscritti della più remota antichità, la più parte concernenti le varie attività amministrative: Corte Civile, Corte Giuratoria e "Insinue", cioè registrazioni di Atti notarili. Particolare interesse presentano i 12 volumi (più volte citati) della "Giuliana" del Notaro Parisi il quale, con pazienza certosina, vi sunteggiò - intorno al 1750 - gli Atti più importanti degli antichi Notari; le "Scritture" di D. Marco Cocuzza e il "Libro del Sindaco" con trascrizione di documenti preziosi. Tanta documentazione storica è stata finora pressocché ignorata dagli studiosi, e non soltanto da essi. Ci auguriamo che questo materiale, organicamente ordinato, possa costituire fonte di studio e di consultazione, divenendo nucleo prezioso di una civica biblioteca che non dovrebbe mancare in una cittadina di così splendide origini» (P. Giovanni Parisi T.O.R., S. Lucia e il "Melan" nel mito e nella storia, Tip. "S. Cuore", S. Lucia del Mela 1973, pagg. 385-386).

domenica 30 settembre 2012

Un progetto di Iacopo del Duca per la Cattedrale di S. Lucia del Mela (1593 c.)










La Cattedrale di S. Lucia del Mela innalzata su progetto di Iacopo del Duca, architetto e scultore siciliano, allievo di Michelangelo, attivo tra l’altro a Roma, dove ha lasciato inequivocabili testimonianze del suo straordinario talento. E’ quanto sembra emergere da un documento di fine Cinquecento rinvenuto presso l’Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, attualmente interessato da un efficace progetto di digitalizzazione voluto dal sindaco Antonino Campo per salvaguardare e valorizzare la memoria del centro luciese, a ragione additato quale “città d’arte”.

Finora il progetto della Cattedrale di S. Lucia del Mela è stato pacificamente ritenuto opera di Vincenzo Ferriato da Novara di Sicilia. A suffragare tale tesi una memoria rinvenuta nel 1935 da mons. Salvatore Cambria, poi ripresa da Padre Giovanni Parisi, in cui l’avvio del cantiere della Matrice vien fatto risalire al 1607, anno in cui fu concluso il contratto col Ferriato «per le maestrie tutte della fabbrica a tenore del suo disegno». Una tesi che tuttavia è stata smentita dal recente rinvenimento d’inedita documentazione d’archivio (si veda a tal proposito quanto riportato in precedenza in questo stesso blog), la quale attesta piuttosto che il cantiere già nel 1604 era stato avviato da tempo, mentre nel 1608 la Cattedrale risultava costruita per «la magior parti».

Ad aggiungere un’ulteriore preziosa tessera al mosaico giunge adesso un mandato di pagamento, dove si apprende l’esborso di un’onza a favore di Domenico Scibilia, per rimborsargli quanto anticipato a «Iac[op]o Luduca ingengneri per haversi tratenuto un jorno più in detta terra allura che venni per fari lo modello della ecc[lesi]a et revisti l’acqua di detta Università [Comune, ndr] et li anditi quali al spisso soleano guastarsi et spandia detta acqua a mandato delli M[agnifi]ci Iurati die XV° Ianuarij 7a Ind. 1594 et confesso fatta a li atti di notaro Coletta La Mendolia die primo 7bris VIII Ind. 1594» (Corte Giuratoria, vol. 3b, vol. II, f. 366 verso).

Il documento in questione si riferisce anche all’imponente fabbrica dell’acquedotto civico e riteniamo di non ingannarci identificando la “ecclesia” citata con la Cattedrale, ossia con la “maggiore ecclesia”, il cui cantiere venne avviato agli sgoccioli del Cinquecento, come emerge peraltro dalla nomina in data 27 novembre 1594 dei procuratori delle fabbriche della maggiore ecclesia sotto titolo di S. Lucia («procuratores maragmarium maijoris ecc.ie sub vocabulo S.te Lucie») nelle persone di Ascanio Carrozza e appunto del suddetto presbiterum  Domenico Scibilia (Corte Giuratoria, vol. 3b, f. 337 verso).

Sulla base di quanto appena riferito, vanno dunque riconsiderati i lavori appaltati nel 1607 al Ferriato, lavori di cui alla suddetta memoria, riconducibili piuttosto al completamento del cantiere. Ed a questo punto sarebbe importante comprendere quale sia stata l’influenza dei canoni progettuali dell’allievo del Michelangelo, il Del Duca appunto, sulla fabbricazione della Cattedrale luciese. Il suo progetto («modello») fu eseguito o piuttosto venne accantonato in quanto troppo oneroso per le casse comunali? O venne stravolto dagli interventi secenteschi del Ferriato? Sinceramente non ci sembra che la Matrice luciese presenti i canoni tipici della progettualità del Del Duca, anche se a tal proposito preferiamo far esprimere chi di architettura se ne intende.

In questa fase, intanto, sarebbe opportuno proseguire le ricerche sul periodo in questione, nella speranza che dall’archivio comunale luciese possano emergere nuove acquisizioni sul cantiere della Cattedrale. L’auspicio è che a tali ricerche contribuiscano soprattutto gli studiosi in atto coinvolti dall’Amministrazione comunale nel processo di digitalizzazione. Questo blog è a loro disposizione e di quant’altri vogliano partecipare attivamente alla riscoperta dell’affascinante passato di S. Lucia del Mela.

Merita un cenno l’altra opera che richiamò l’attenzione del Del Duca, l’acquedotto civico, che un verbale di seduta consiliare redatto il 24 settembre 1600 cita facendo riferimento all’acqua «che veni nella piazza di detta terra et cala a baxo alla piazza della valli et lo fundaco, di la quali si servono tutti li citatini di essa terra portata con anditi di creta sotto terra» (cfr. Corte Giuratoria, 1595-1600, vol. 2, f. 449 verso). Anditi, ossia condutture sotterranee in creta, che venivano periodicamente manutenzionate ed acquistate -  a cavallo tra Cinque e Seicento - dal maestro Girolamo Bertuccio, che spesso veniva retribuito per l’opera dei suoi operai (un mandato di pagamento ne registra ben 34) e per le sue forniture di «oglio, cuttuni, colla, anditi e giarrotti». Particolarmente interessante è poi questa supplica in seguito alla quale nel 1599 fu accordata ai giurati (amministratori comunali, ndr) la facoltà di punire con due onze, oltre al ripristino delle opere danneggiate, quanti arrecavano seri danni all’acquedotto civico:

«Li Giurati della Terra di Santa Lucia dicino a V[ostra] E[ccellenza] che l’Università di quella per farsi l’anditi seu acquedutti per l’acqua che vene dentro essa terra si ci ha speso grossa somma di danari et perché alcuni mali personi per loro commodità seu benefitio particolare senza però timore della Iustitia ne licentia dell’esponenti in grande detrimento d’essa Università rompino li detti anditi seu acquedutti tanto dentro quanto fora la terra, et si servono di dett’acqua, il che ha resoluto, et risulta detrimento grandissimo ricorrino per questo V. E. et la supplicano stia servita concederli licenza che possano essi esponenti et loro successori ogni anno promulgare banno penali a loro ben visto che di cetero nessuna persona possa rompere ne toccare detti andati seu cursi di detta acqua ne di dentro ne di fora di essa terra senza espressa licenza della maggior parte delli Giurati con che di tali licenza se ni debbia far atto publico nell’atti di loro officio tutto per evitare simili danni seu inconvenienti che deve d’esser giusto lo haveranno a gratia di V. E. particolare ut altissimus.
Panorami 29 maij XI Ind. 1599» (Corte Giuratoria, 1595-1600, vol. 1, f. 263 recto).


 





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