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«Si custodiscono - rilegati in pergamena ma ancora in disordine e in pericolo di rapido deterioramento - importanti collezioni di documenti e manoscritti della più remota antichità, la più parte concernenti le varie attività amministrative: Corte Civile, Corte Giuratoria e "Insinue", cioè registrazioni di Atti notarili. Particolare interesse presentano i 12 volumi (più volte citati) della "Giuliana" del Notaro Parisi il quale, con pazienza certosina, vi sunteggiò - intorno al 1750 - gli Atti più importanti degli antichi Notari; le "Scritture" di D. Marco Cocuzza e il "Libro del Sindaco" con trascrizione di documenti preziosi. Tanta documentazione storica è stata finora pressocché ignorata dagli studiosi, e non soltanto da essi. Ci auguriamo che questo materiale, organicamente ordinato, possa costituire fonte di studio e di consultazione, divenendo nucleo prezioso di una civica biblioteca che non dovrebbe mancare in una cittadina di così splendide origini» (P. Giovanni Parisi T.O.R., S. Lucia e il "Melan" nel mito e nella storia, Tip. "S. Cuore", S. Lucia del Mela 1973, pagg. 385-386).

lunedì 25 marzo 2013

Risale al 1791 il panno giuratorio della Cattedrale



Del panno giuratorio esposto nella Cattadrale, sopra gli antichi stalli lignei riservati agli amministratori comunali ed eseguiti da anonimo ebanista nel 1749, si è espressa recentemente la dott.ssa Elvira D’Amico, storica dell’arte nonché dirigente presso la Sovrintendenza di Palermo, descrivendo l’elegante coltre - da qualche storico locale datata al Settecento - nell’ambito di un saggio apparso nel n. 6 (dicembre 2012) della rivista dell’Osservatorio delle Arti Decorative in Italia (Oadi) “Maria Accascina”. Eccone un estratto: «alla cattedrale luciese si conserva ancora in discreto stato conservativo un panno in velluto cremisi con l’aquila reale borbonica e ai lati entro due scudi le figure dei santi protettori, ricamati a riporto. Il drappo (…)  testimonia (…) simbolicamente, nell’importante centro demaniale ed ecclesiale dell’entroterra milazzese, la stretta connessione tra i massimi poteri del tempo».

Il drappo si presenta oggi con non poche lacerazioni che interessano tanto la cornice quanto le figure, non consentendo così di decifrare con certezza quelle ai lati dell’aquila reale, che sembrano riferirsi alle sante Agata e Lucia. Un inedito documento d’archivio, rinvenuto nell’Archivio Storico comunale dall’amico prof. Franco Biviano, che si ringrazia per la cortese segnalazione, consente adesso di saperne di più su questa pregevole testimonianza artistica. Si tratta di un preventivo di spesa, redatto dal «maestro sartore» luciese Paolo Leo, che si riferisce proprio al manufatto della Cattedrale. Ne fanno fede infatti tanto il colore quanto il richiamo alla cornice ed alla raffigurazione dello stemma reale, sebbene manchi quello alle sante protettrici. Eccone la trascrizione:

«Dice e riferisce esso relatore sartore (…) qualmente per farsi una cultra che serve di spallera al banco giuratorio vi abbisogna l’infrascritta spesa cioè:
- per canni otto di velluto cremisi di seta ad onze tre et tarì 20 canna sono, onze 29.26;
- eppiù per fotera tela canni setti a tarì 6 canna sono, onze 1.12;
- eppiù per roccamo per lo stemma reale, onze 4;
- eppiù per roccamo attorno alla sudetta cultra, onze 3;
- maestria e seta, onze 1.
In tutto, onze 39.8» (Archivio Storico comunale di S. Lucia del Mela, Libro degli Atti dei Giurati, anno 1790/95, f 340r).

Cenni sulla coltre della Cattedrale – opera dell’artigianato luciese realizzata dunque nel 1791 - sono contenuti anche in un altro documento d’archivio (stesso volume di cui sopra, ff. 1.179 e segg), da cui si evince che in data 18 giugno 1791 gli amministratori comunali don Giuseppe Galluppi, don Silvestro Pulejo, don Giovanni Sisilli e don Francesco Cocuzza Cuzzaniti inoltrarono istanza al vicerè Principe di Caramanico al fine di poter stanziare 41 onze e 12 tarì «per la formazione del Panno Giuratorio, avendosi l’antico fatto lacero». La risposta viceregia giunse il successivo 4 agosto, con un dispaccio in cui si ordinava l’acquisizione di un nuovo preventivo più economico, prevedendo altresì la vendita della vecchia coltre, «per ricavarsi qualche somma in vantaggio dell’Università (Comune, ndr)». I suddetti amministratori comunali (cosiddetti giurati) diedero dunque seguito al dispaccio viceregio e, di comune accordo col sindaco don Filippo Neri Impò e col regio pro conservatore don Vincenzo Schepisi Cocuzza, richiesero al sarto luciese Paolo Leo il preventivo di spesa di cui sopra, che ascendeva a poco meno di 40 onze, ricevendo così il placet del Principe di Caramanico. Non riuscirono però a collocare il vecchio panno giuratorio, rimasto invenduto. Così avrebbero scritto all’autorità viceregia nel novembre 1791: «abbiam procurato di vendersi il vecchio, ma siccome non fu ricercato da niuno, così abbiam pensato, se l’Eccellenza Vostra lo giudica, di situarlo nella Casa Giuratoria per spalliera deì due ritratti de’ nostri Sovrani (Dio Guardi)». Una proposta che fu accolta dal vicerè.  



 



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